In queste composizioni si sono utilizzate varie tecniche fotografiche e grafiche per creare ambienti sintetici, o se reali intervenendo per farne concetti di ambienti, ed inseriti poi in essi degli “elementi umani”, a loro volta privati di personalità negandone il volto.

La negazione della condizione sociale (nome-cognome-professione) fa emergere la condizione umana, per la quale l'uomo senza nome-cognome può rappresentare tutti gli uomini-donne, cioè l'Umanità.

Inoltre, gli ambienti diventano archetipi dei luoghi del vivere, o rappresentazioni scenografiche a contorni delle azioni, di quella “vita che non è che un'ombra che cammina”, del nostro dramma quotidiano.

La negazione del volto porta poi anche alla considerazione dell'incomunicabilità, e rimanda alla morte, alla fine dell'uomo. Persone non più persone, private dell'identità, non comunicano tra loro, e sono gli “ossi di seppia”, ciò che resta tolte le emozioni, alla fine del tempo.

Natura morta: corpi che sono involucri svuotati, in una società che immerge l'individuo in una macchina produttrice che annulla e rinnega nomi e identità.
Natura morta
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